Il Vampiro
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edito da Il Cinemante rivista di critica del Cinema anno 2002
Nell’epoca d’internet, il cui la chat rende il corpo invisibile o alterabile
attraverso il filtro della Webcam.
In un periodo in cui la fisicità s’inoltra, frantumandosi e componendosi ancora, negli
spazi immensi del Cyber e del catodico, osserviamo la nascita di un nuovo linguaggio del corpo, riesumato da antichi segni tribali.
Il tatuaggio, il piercing, il cutting, fino ai Blood-sports praticati nei celebri
locali quali il Gauntlet o il Bondage, è oramai entrati nella nostra esperienza quotidiana.
Le performance di Gina Pane del 1974, di Gunter Brus, o della notissima ed attuale
Orlan hanno prodotto un’attenzione dei media sul fenomeno del “ Corpo che parla”.
Il corpo, la pelle, non è più solo superficie, solo epidermide, non è più una
pellicola che nasconde, ma al contrario si trasforma e racconta.
Racconta di sogni e di miti, ad esempio il linguaggio mahori del tatuaggio, o di
rabbia irrisolta ed autodistruttiva come nei blood-sports. Una Nuova Carne com’è chiamata che esprime se stessa attraverso il martirio e l’autopunizione.
A differenza delle autoflagellazioni rituali, quali quelle presenti nella
processione dei misteri a Trapani, il segno lasciato sulla pelle dei fautori della “ nuova carne” non è offerto a nessun Dio ma allo scambio di piacere, ad una sorta di Narcisismo
cui la psicologia guarda dal punto di vista della complessità.
Il Narciso che non cerca specchio che rifletta altro se non la immagine di cui è innamorato, fino alla morte per
annegamento.
Il Narciso dunque che non si specchia nell’altro, che non si confronta con l’immagine che gli rimandano gli altri, che si rifiuta di vedere il vuoto che lo circonda nel quale si è volontariamente
perduto.
E’ interessante notare come, nell’icona del vampiro, il non morto eviti gli
specchi perché non lo riflettono; perché mostrerebbero il suo non essere.
Del resto il secolo 19° si chiudeva con il tradimento del sogno romantico e di quello decadente.
Il destino, l’Eros, il Thanatos non sono più auguste o tenere figure
che svolazzano per campi in mietitura, o tra vette imprendibili.
Edipo non è soltanto il luogo dell’altrove; l’essere umano che si era rappresentato in
una proiezione fa i conti con la sua crisi, essa (la crisi) diventa un luogo interiore, uno spazio della persona, la fucina delle emozioni dell’uomo, delle sue passioni.
Si passa in altre parole da un concetto di possessione (da parte d’agenti esterni), a
quello d’ossessione o per introdurre concetti psicanalitici Zwangsneurose, Nevrosi Ossessiva.
L’occhio incantato si rivolge all’inconscio alla ricerca di risposte ai perché e al
bisogno, l’ineluttabilità del piacere e della sofferenza.
La nascita della psicanalisi, al finire dell’ottocento, sancisce una crisi culturale
ed una trasformazione.
Si parla di sesso e di passioni che non posseggono come uno spirito che cala e invade
l’uomo, ma che nascono dall’uomo e chiedono soddisfazione, a rischio altrimenti di Obsidere. L’obsidere,
l’ossessione con le sue caratteristiche di incoercibilità, estraneità, invasività, compulsività e cerimoniale. La lotta tra Es e Super Io, direbbe Freud, ha inattivato la facoltà di
mediazione dell’Io.
Lotta dunque tra i bisogni d’amore senza confine, e la Legge Morale
severissima che nega soddisfazione, l’Io (il conscio) prigioniero del conflitto si nutre delle briciole sintomatiche fino a perirne.
Amore e morte, come ci racconta proprio in quegli anni con gli strumenti della
letteratura Bram Stoker nel suo Dracula.
Una paziente, che pratica una particolare forma di Blood-sport appresa
durante un viaggio negli USA, riferisce un triste vissuto di bambina:
Fin da piccola ero punita a sangue, quando
ero sorpresa a toccarmi.
Quella che allora era una bambina tentava, come normale nella
crescita, di conoscere e sperimentare il proprio corpo e le sensazioni connesse a quest’esplorazione. Tra queste esplorazioni comprendiamo anche quelle genitali, tra cui la masturbazione.
La risposta ambientale, familiare, fu spropositata. La bambina era legata polsi e
caviglie al letto, producendo spesso ferite sanguinanti.
Tali attenzioni sembravano essere le uniche manifestazioni di affetto da parte dei
familiari, questo almeno il vissuto della paziente.
Credo sia stata prodotta, in quella circostanza, l’associazione tra
piacere-punizione-dololore, poi divenuta rapidamente piacere-dolore, e successivamente sesso-sangue.
Da sempre il sangue è portatore di emozioni, nella cultura classica e popolare sono
molte le espressioni le espressioni che associano uno stato d’animo alla metafora del sangue. “Il riso fa buon sangue”, “ mi ribolle il sangue” “mi fa sangue”, spessissimo quest’emozione è più
esplicitamente correlabile al sesso come ciò che fa ribollire il sangue nelle vene. Comunque il sangue e le vene sono il “ portale d’accesso” di energie vitali; “il sangue è vita” dice il celebre
conte nell’ultimo Dracula di Coppola.
Coppola, di famiglia emigrata dal meridione d’Italia conosce bene, come il vampiro ed
il narciso, il frutto dolcissimo e paralizzante della malinconia.
Coppola ripropone quel rapporto indissolubile tra morte e vita, sempre presente ed
incombente come nel dipinto “il trionfo della morte”.
Il regista ripresenta, in termini artistici ed autentici, la costanza tra sangue e
violenza, tra desiderio e distruzione che ha tipizzato il sud d’Italia nel mondo, ed oserei dire il sud del mondo nel globo stesso.
Il Blood-sport è una pratica sessuale, o forse una spettacolarizzazione in cui il
sangue è un elemento di scambio tra i praticanti.
Si scambiano magliette sporche di sangue, si beve leccandolo il sangue (mestruo, o da
ferita etc.), si assiste a spettacoli a sfondo necropop.
La paziente in particolare amava offrire il proprio sangue durante il rapporto
sessuale ricevendo in cambio sperma.
Sentiva il bisogno che qualcuno prendesse il suo sangue per riaffermare la sua
esistenza in vita, in cambio del sangue ne riceveva altro fluido vitale. L’identificazione con Elisabetta\Mina, moglie di Dracula, era fortissima nella paziente. Il locale americano dove praticava
questo “esecrabile” tipo di sessualità, è tutt’oggi il locale dei vampirofili statunitensi.
In quest’ultimo film, Dracula pur terribile e temibile, è un affascinante ed elegante
uomo, che rinuncia alla vita per amore, rinuncia a Dio per il dolore, ed abbraccia la non morte come tentativo (vano) di allontanare da se la sofferenza per la morte di Elisabeta.
E’ un Narciso elegante e raffinato, mai volgare neanche nelle scene più macabre, è un
uomo che sceglie una non morte che equivale a una non vita.
E’ anche però un essere mostruoso, licantropo, vecchissimo e deforme, en essere tutto
topi: il mostro inaccettabile, da non guardare.
Questa duplicità ben rappresenta il celebre conflitto tra Gradevole e sgradevole,
accettabile e inaccettabile, alla base di molti disagi psicologici.
Il bisogno di sentirsi accettare, e prima ancora di accettare la parte meno gradevole
di noi stessi, la nostra rabbia e la nostra aggressività, e ancora il desiderio, le fantasie più fervide. Il bisogno che la nostra parte mostruosa e
sgradevole sia accolta dall’altro, e prima ancora da noi stessi; Come ad esempio il bisogno di sentire accolta la propria sessualità, anche se vissuta come inaccettabile da se stessi, o dalla
società.
Il Paziente sta meglio, e inizia un percorso di guarigione nel momento in cui sente di
poter trovare una parola che descriva il suo disagio e lo incontri. Lavora con se stesso attraverso un atto di fiducia nel lavoro terapeutico, e non si sente rifiutato ma accolto, anche nell’aspetto
mostruoso.
Elisabetta/Mina bacia il suo Dracula oramai mostruoso, lo bacia con amore e tenerezza
infinita su quella bocca empia, il loro rinato amore congiunge gli opposti, risolve il conflitto, sconfigge le tenebre e ridarà la pace ai protagonisti del film, ed allo spettatore.
Il Vampiro, col conseguente vampirismo, nasce per far fronte ad un terribile dolore ed
alla separazione dall’Oggetto d’amore: la moglie amatissima.
E’ dunque una formazione reattiva che dovrebbe distanziare il disperato dalla sua
disperazione, il sofferente dalla sua sofferenza. Diviene invece, come nella patologia psicologica, un circuito che da briciole di piacere. Il
soddisfacimento sostitutivo (la vittima casuale del vampiro, che dovrebbe allontanare il dolore della perdita (Elisabetta morta suicida e consegnata dunque all’inferno, come sapientemente ripetuto
dal prete) porta ad un imprigionamento dell’io.
La persona (Dracula) è costretto a rituali (il giorno e la notte, la bara con la
terra, il morso, gli specchi da evitare etc.) tipici di uno stile Ossessivo di personalità.
Un’altro paziente racconta dell’angoscia provata quando: avevo 15 anni giocavo a fare sesso con un compagnetto, avevamo i pantaloni calati, ed entrò mia madre; chiamò mia sorella, i miei fratelli, mio padre. Io piangevo la
pregavo come un Dio di perdonarmi. Papà prese la cintura e mi frustò a sangue.
Un gioco comunissimo tra adolescenti diventa un bisogno da evitare, da punire, da
rimuovere. Pur di non soffrire come allora, m’impongo sofferenze fisiche di tipo diverso.
Il paziente non ha più erezioni, il piacere è sostituito da tagli che s’infligge con
rasoi, chiodi, penne, sigarette da spegnere sui capezzoli.
Gli unici rapporti sessuali, con persone non desiderate, rapporti non protetti e
estremamente a rischio così da punire il male che ho in me.
IL piacere represso dalla punizione diventa la ricerca della punizione come sostituto
del piacere.
Nel film di Coppola, come nel libro di Stoker, tutto sarà risolto quando la rinuncia
all’oggetto privilegiato d’amore, l’accettazione della separazione, il principio di realtà sarà vittorioso sul principio di piacere: Elisabetta/Mina dà la pace a Dracula, e chiaramente gli taglia la testa e spacca il cuore.
Bene direbbero alcuni, terribile altri.
I moralismi, non attengono alle riflessioni scientifiche, il Vampiro come metafora
densa di riflessioni simboliche offre spunto per ogni forma di tensione tra bene e male, tra giusto e sbagliato, tutti concetti ai quali non è sempre necessario sacrificare la riflessione.
Nei casi clinici appena accentati, però, i precetti moralistici obsoleti hanno
prodotto un dolore fortissimo: l’idea che il sesso e il corpo siano luoghi di peccato e di colpa e dunque da nascondere e da punire.
Il piacere represso e negato, continua a cercare vie di soddisfacimento passando
attraverso il tortuoso sentiero dell’autopunizione.
IL Vampirismo, in vecchi trattati di psichiatria e psicologia (sempre più vecchi
quanto più reiterati nella convenzionalità di un certo pensiero scientifico) è descritto come la patologia sessuale del provare piacere dal succhiare sangue dal collo delle vittime.
Questa riduttiva concezione del vampirismo mi ricorda il primo libro sui vampiri del
909 d.c. di p. Costantino da Baviera che elenca 500 modi per divenire vampiro tra cui: morire scomunicato, morire da licantropo, morire con una maledizione da parte del genitore, e .... Morire
cadendo sul lato sinistro del Carro (?!).
La scienza, che chiaramente si mette (o dovrebbe mettersi) in discussione, ha offerto
nei secoli diverse interpretazioni tra cui certamente ma non solo quella psicologica:
a)La sindrome di Renfield: rara malattia
(???) che porta la persona a ritenersi vampiro. Il 99% degli affetti è maschio, con caratteristiche di zoofagia, desiderio di sangue legato al bisogno sessuale etc. Straordinario valutare, come
sostengo da anni, che tale sindrome è stata descritta dopo Stoker e il suo Vampiro, in altre parole io credo che il Mito abbia offerto come sempre un contenitore validissimo per un malessere d’altra
natura, come fa Cenerentola, Biancaneve, l’integralismo e i suoi rituali rigidi, etc.
b)Porfiria: rara malattia del
metabolismo, ritenuta base fisiologica del vampirismo dal dott. Dolphin docente di chimica All’università della Columbia Britannica. Gli esperti di Porfiria (come riportato all’indirizzo http: //www,
dsi, unive.it/ mbonatti/vamp.html) hanno “ contestato” questa teoria dicendo che il bere sangue non allevia il dolore degli ammalati di Porfiria
c) Rabbia: suggestiva ipotesi del
neurologo Gomez-Alonzo secondo cui alla base della nascita dell’Icona del Vampiro possa esserci un’epidemia di Rabbia scoppiata nell’Europa orientale intorno al 1720. Il neurologo spagnolo descrive
le caratteristiche comuni tra l’iconografia del vampiro ed i sintomi prodotti dal Virus della Rabbia.
d) Malinconia ed Ossessione: di cui
abbiamo detto come ipotesi di lettura psicologica in quest’articolo.
Trovo comunque molto interessante parlare di Rabbia, ma mi preme riflettere come
l’icona del vampiro sia di quasi un millennio precedente, anzi a volere includere la mitologia dello Zohar, il libro dello splendore, ancora più vetusta.
Certo di rabbia si può parlare, ma credo poterla intendere in un’accezione più
psicologica: la rabbia per l’impotenza a gestire una separazione e una perdita, la rabbia del lutto, la rabbia verso una Legge Morale spietata e crudele che non da spazio all’amore e al dolore, la
rabbia verso un mondo acquietato e paludoso ( come sono paludati i sacerdoti ortodossi che maledicono Elisabetta non contendo e alleviando il dolore del Conte, probabilmente producendo il vampiro
futuro). Ma Edipo sarebbe stato senza la profezia? Avrebbe ucciso il re padre e sposato la regina madre, se qualcuno non gli avesse rivelato
l’arcano?
Dracula si sarebbe donato all’eterna notte se......?
Una tribù delle Filippine, Bebarlangs, pratica uno strano tipo di vampirismo,
succhiano le forze vitali attraverso il “ corpo astrale” della vittima. Una ricerca psichica di una fonte di energia da depredare.
Tale forma di vampirismo è riconosciuta anche in occidente attraverso più o meno
mistificate credenze New o Post o Pre Age.
Il dato è quello della precarietà dell’Individuo e del suo bisogno di rituali per
proteggersi, il bisogno di poter dire il bianco è Bianco, il Nero è nero, di categorizzare in modo rigido e riconoscibile il bene dal male.
Certo Stoker e Coppola smarriscono quest’astuto categorizzatore, così certo e
risoluto, quando ci pongono di fronte alla tragedia d’amore del conte e la contessa, quando ci mostrano la dolcezza e la sensualità delle lacrime di Mina raccolte e rese diamanti nelle mani di chi ha
ricercato l’amata attraverso la notte dei tempi.
Tra bianco e nero sappiamo in realtà esserci un’infinità di tonalità, certo la realtà
diviene di più complessa elaborazione.
Mi sembra, cioè, che la volontà di ridurre a semplice ciò che è complesso sia una
tentazione fortissima ma poco fruttuosa.
Questo vampiro è il segno del limitare.
Come le passioni più profonde, le pulsioni in termini psicanalitici, i bisogni della
psicologia della Gestalt, tutto si manifesta quando le luci della ragione lasciano il posto al buio dell’inconscio.
Mi diceva la paziente: il dolore prima e poi
l’angoscia vengono al tramonto...nella solitudine della mia camera, e del mio letto...come la bara.
I sogni con il loro contenuto erotico che ci angoscia, con la violenza che ci
atterrisce, con Eros e Thanatos che si fronteggiano e flirtano allo stesso tempo, i sogni con il loro nascere al limitare del giorno e della notte. Così il vampiro con la sua carica di sensualità e
violenza appare al limitare del giorno e della notte, scompare con il sole.
L’associazione tra vampiro e sessualità sfrenata e rintracciabile in ogni descrizione
del maligno, una certa pedagogia di reflusso che crea schiere di sofferenza attraverso l’attualissimo connubio tra sesso e perdizione, piacere e peccato, sfrenatezza e alienazione.
Come già ai primi del settecento, ed agli inizi del 20^ il vampiro rinasce dalle sue
ceneri in coincidenza della scomparsa di società tradizionali, dove gli incantesimi di turno ed il cattivo di turno tranquillizzavano le inquietudini del cambiamento. Rituali rigidissimi e vampiri assetatissimi rispecchiavano il malessere di una cultura che si trasforma o muore.
Ho iniziato questa mia riflessione da internet ed i linguaggi di un corpo frantumato
dal WEB e dal Catodico e ricomposto nei nostri schermi modificato.
In un periodo in cui i Virus viaggiano via rete, le notizie vampirizzate dagli
Hackers, il timore è grande. Ma più grande sembra il cambiamento che si è prodotto a cavallo dei millenni. Gutemberg o WWW, o altro, Cavallo e Macchina a Vapore, carne cruda o cotta dalla scintilla
di Prometeo, l’ansia di risposta è il frutto del metabolismo del cambiamento. L’ansia richiama tutte le angosce e tutte le separazioni, il lutto, l’abbandono, la nostra volontà di non morire e di non
lasciar morire chi amiamo.
Nessuno è perfetto? Certo neanche il vampiro.
Danilo Moncada Zarbo
Psicoterapeuta (Roma)
Vampiro e Vampirismi.
“Esiste un momento della giornata in cui il crepuscolo, limita la definizione di notte
e di giorno; è là che inizia il dolore, il terrore, tutto può accadermi, è come una fortissima pressione sul cuore. Il sangue mi scorre velocissimo, il corpo si riempie d’adrenalina, è some se
potessi scoppiare”.
Una mia paziente così raccontava, anni fa, di questo forte dolore che nessun esame
clinico obiettivo rilevava, il peso sul petto e la sensazione del dover morire che nessun elettrocardiogramma verificava, una sofferenza “vera e reale” ma che nessun macchinario riusciva a
certificare.
“Il sangue è vita “ recita Dracula.
Un detto della cultura regionale del Sud dice a proposito di chi provi una passione
travolgente verso un altro “mi fai sangue” sento il sangue ribollirmi”, etc le varie metafore sul sangue. E’ un modo, tradotto dalle culture e dalle lingue che associa al sangue il concetto di
desiderio e di passione, ma certo anche ultimamente il suo opposto.
Per anni, prima della diffusione della consapevolezza delle trasmissioni virali, il
sangue ha rappresentato l’affermazione della vita, della passionalità.
Ancora una volta ci troviamo a contatto con la necessità che il corpo
Racconti, che parli, che narri di storie di passioni travolgenti, suadenti, deludenti,
struggenti.
Del resto è come se qualcosa oltrepassasse la soglia dell’epidermide per raggiungere
l’altro, un messaggio segreto che arriva.
In un articolo apparso su “il cinemante” cartaceo a firma G. Mori, l’autore parla di
un equilibrio impossibile tra caos ed ordine, associando in questa dicotomia istinti sessuali e valori familiari.
Sempre Mori introduce il riferimento al codice Hays e la sua famosa X (soltanto per
adulti) in altre parole la censura, il limite.
Al limitare, che sia quello del giorno e della notte, che sia quello dell’inconscio e
del conscio, della ragione o dell’irrazionalità, del maschio e della femmina, del bianco e del nero, di Hyde e Jekill, al limitare esiste sempre una zona intermedia, un crepuscolo dove tutto è
possibile.
Questo tutto evoca certo gli spettri.
Primo tra gli spettri, il più temuto e visitato è quello del “lasciarsi andare alla
passione”.
Il tramonto dei romantici, è anche contemporaneamente l’attesa penombra degli amanti,
il nascondersi nell’ombra e rubare immagini di sesso agli appartati dei voyeurs, e il rincorrersi tra le penombre di chi sfugge ad un’inquisizione poliziesca tra le fratte.
Il limitare è il luogo psicologico da trasgredire e da temere. La barriera oltre la
quale tutto è possibile, certo anche perdersi.
Oltre il negare la sessualità del marito insoddisfatto dalla routine del rapporto
matrimoniale e familiare, oltre il negarsi altri ruoli possibili oltre quelli di lavoratore, padre e marito, la oltre c’è il limite di ciò che credo possa contenere la mia insoddisfazione il mio
desiderio di trasgredire.
Trasgressione, del chi osa avventurarsi in questa notte fonda, chi osa viaggiare per
le terre desolate senza gli opportuni incantesimi?
“i vostri incantesimi” recita Dracula, i nostri meccanismi di difesa diremmo col
linguaggio psicologico che impediscono al conservatorissimo e reazionario mondo del “come è” di insinuare il dubbio del “come voglio che sia”, del come sarà.
Parliamo dunque del disagio di chi in cerca di Sé incontri il confine tra ciò che fino
ad oggi ho considerato lecito, e il finora illecito, il non consentito.
Parlo di quei pazienti angosciati dalla propria identità sessuale afflitta dal ruolo e
dalle aspettative. Dei mariti e delle mogli insoddisfatte che attendono al crepuscolo con angoscia il desiderio.
Parlo delle donne e degli uomini, che ancora nel 2000 nonostante da 20 anni
l’Organizzazione Mondiale della Sanità non consideri più la sessualità omosessuale come patologia, vivono la sessualità come un dolore e di un peccato.
Vittime di un totalitarismo moralistico privo di fondamento scientifico essi vivono
ancora il desiderio e il sesso come l’oscuro diavolo, il demone, il vampiro.
La tradizione filmica del vampiro inizia già nel 1896 con “ Le Manoir du Diable” di
Melies, nel 1897 un signore Irlandese, Bram Stoker, scrive Dracula, ma già dal 1886 un signore fino ad allora poco conosciuto agitava l’ipotesi che il dominio della coscienza fosse un po’ più
ristretto.
Si ventilava l’ipotesi che le “tenebre” dell’inconscio, agissero in modo subdolo e
“notturno” sul comportamento degli esseri umani.
Si iniziava ad osare riferire, in un’Europa bacchettona e vittoriana, che le passioni
inconfessabili, fossero un modello propulsivo della dinamica psichica, le Pulsioni.
Quando Freud inizia il lavoro sulle dinamiche tra Io Es e superIO, il romanticismo
della rappresentazione di Eros in versione neoclassica lasciava già il posto al timore che non tutto fosse bianco, ma anche nero.
Gli inferi non sono più un luogo “altro” ma una porzione dell’uomo, una struttura
nella quale calarsi e confrontarsi.
L’uomo si interroga su se stesso, generando inquietudini alle quali la psicanalisi
sembra dare alcune risposte.
Eros e Thanatos, Amore e morte, le nozze di Psiche sono un lungo funerale, sono un
luogo di incontro, di relazione e separazione, di piacere e di rinuncia, di passione e lutto.
La mia riflessione tornando alla dicotomia espressa da Gian Marco Mori su sesso/valori
familiari, ora può prendere forma: la frustrazione della sessualità, il mancato soddisfacimento lipidico, la rinuncia al sé, la rinuncia al corpo come luogo della scoperta, la rinuncia alla intimità
del desiderio, tutto questo ed altro che tipo di valore familiare perpetua e struttura.
Un sogno di un uomo di 23 anni, cultura medio alta, studente universitario.
“ Sono in una torre, è la casa dove è nata mia madre, In riva al mare, è il crepuscolo, io capisco che tra un po’
non sarà possibile distinguere il giorno dalla notte, ho capito, mia madre è in pericolo ed io stesso.
Corro lungo i camminamenti della torre, lungo le stanze di tufo, disadorne, non
c’è nulla, né mobili, né altro.
Io corro devo arrivare nella cappella, dove il crocifisso e Dio mi difenderanno
dal Vampiro, che so che mi insegue. Mi cerca, mi bracca, io lo avverto, mi sente.
Mamma, mamma, corri, scappa in chiesa. Urlo, sono sulla soglia della cappella. E’
enorme, gotica, con i tetti a ogiva, tutta di tufo, sono salvo.. e vedo in quel momento mia madre, bianca, bellissima e triste, stesa sull’altare di pietra con il sangue che si versa dal suo collo
alla bocca del Vampiro. Il vampiro mi guarda e ride. Io urlo di orrore, e mi sveglio”
E’ un sogno che ha a lungo turbato il paziente, nel parlarne l’emozione era sempre fortissima, la paura,
l’orrore.
Non è mio interesse entrare in quel lavoro terapeutico, né offrirne
un’interpretazione, mi sembra interessante però notare come l’angoscia e la paura siano ancora oggi ben rappresentate da simbolismi quali il vampiro e suoi derivati.
Una simbolica indubbiamente a forte connotazione sessuale, ma con i tratti
dell’angoscia che lasciano spazio ad una riflessione sull’irrisolto, su frustrazioni narcisistiche, sulla rinuncia e la competizione.
Certo non solo.
Un’altra paziente mi dice piangendo “Internet mi succhia i pensieri, viene al
crepuscolo, e quando io sono sola e indifesa entra nella mia mente, succhia via me stessa e lascia solo i suoi pensieri sudici e perversi”.
Altro caso certo, di patologia psicologica più grave, è una grave forma di psicosi, ma
anche in questo caso “un essere capace di esistere a prescindere dal corpo penetra in me” portando via il controllo della coscienza e lasciando spazio all’inconscio e ai suoi fantasmi.
E’ una fantasia di essere incorporata da un essere potente e grandissimo, che possa
come Dracula nei suoi film, attraverso il morso partecipare i suoi poteri straordinari.
Assimilare le qualità altrui attraverso un’incorporazione passiva, l’essere
mangiato.
Parliamo di strutture di personalità che non hanno raggiunto una completa
individualità, attraverso il lungo e periglioso cammino della integrazione di Sé, e che per esistere necessitano di far parte di un’unione più grande.
Del resto è un fenomeno socialmente e sociologicamente usatissimo. Psicologicamente
anche.
In modo straordinario i fantasmi sono sempre gli stessi, tutto inizia con un’angoscia
di separazione, la perdita dell’oggetto libidico prescelto è la causa della sconfitta, il dolore.
Unico amore dello sterminatore Dracula è Elisabeta, da cui il conte non riesce a
separarsi, non rinuncia poiché nella sua vita non ha amato altro.
Bello, certo, romantico vero, ma poco pratico se pensiamo che le prime relazioni
oggettuali e necessarie separazioni non sono tra adulti innamorati, non sono tra amanti appassionati, bensì tra un bambino e il proprio genitore di riferimento.
Se il bambino non potrà crescere e differenziarsi, egli succhierà energie a se stesso
ed agli altri nel tentativo di resuscitare un oggetto d’amore totalmente appagante ormai morto e sepolto e mummificato.
Il sesso, è uno dei modi, per raggiungere nuovi oggetti d’amore. A volte questi
oggetti riescono a diventare soggetti, cioè privati degli aspetti proiettivi gli altri entrano a pieno titolo con il loro carico di diversità nella relazione.
Il sesso e la sua gestione sono anche vissuti come elementi del peccare, del disagio,
della condanna morale interiore espressa attraverso la rappresentazione di un tribunale esterno.
La proiezione diremmo sull’esterno di una dinamica punitiva di matrice
meravigliosamente interiore.
Ecco la sofferenza, ecco il dolore.
L’omosessualità non è certo patologia, come non lo è del resto l’eterosessualità, né
gli altri orientamenti in materia di desiderio sessuale. Certo però che i luoghi dell’eros continuano ad essere i luoghi dell’altrui ludibrio e derisione, ed anche spesso della emarginazione e
persecuzione.
Accettarne il peso si può, liberare le coscienze dalle sovrastrutture della condanna e
coercizione si deve, credo sia uno dei lavori della psicoterapia, uno certo tra i tanti.
Il paziente del sogno della torre, sembra non avere elaborato la separazione dalla
madre, la conseguente accettazione del padre come compagno della donna, non rinunciando alla lotta per il possesso dell’oggetto preferenziale d’amore, in realtà non ho il tempo per nuovi investimenti
libidici, per nuovi amori che mi offrano un’immagine nuova di me, evito dunque un’autonomia e indipendenza.
La canzone che accompagnava la sua malinconia era “quel che si dice” la storia di un
uomo che rinuncia a se ed alla sua vita “perché mammà riposi un po’, ci penso io visto che so….”
La signora di Internet, rinuncia a quell’atto di forza che aveva spezzato la simbiosi
con la famiglia, e si ricongiunge ad essa rinunciando al proprio mondo erotico e dunque punendosi.
Il vampiro Internet, è la causa di quella inquietudine che la porta alla masturbazione
e alle fantasie sessuali; esse sono però da rifiutare, da esorcizzare in questo modo la signora potrà simbolicamente ricongiungersi con il mondo familiare rifiutato e fuggito a 30 anni.
Il vampiro dunque si nutre di più tipi di sangue:
Il ceppo tribale delle BEBARLANGS delle Filippine, ad esempio pratica una sorta di
vampirismo psichico. Di notte essi vanno, attraverso il corrispondente del nostro corpo astrale, in cerca di vita. Trovata la vittima essi ne succhiano via l’intera forza vitale.
Il vampiro di “Intervista col vampiro” è quasi yuppie degli anni 80 deve essere sempre
giovane, bellissimo e potente “Lestat” cinico, ma consapevole della sua natura che è l’unica che possa dargli pace.
Si nutre di sangue umano, ma può nutrirsi anche del topo.
Il vampiro di Coppola, è certo l’esaltazione della passione. Molti pazienti che hanno
visto il film, si sono identificati col conte passionario e innamorato, con Elisabeta romantica e decisionista.
Interessante notare come nessuno sia interessato ad essere il tradito, sciatto,
malvestito “sfigato” agente immobiliare, che pure indulge a un gioco erotico volontariamente.
Egli è colui che per far carriera non segue l’istinto e l’emozione, e colui che per
dovere accetta l’indicibile, salvo poi concedersi alla lussuria nella scena di sesso con le vampire, in cui chiaramente era necessario venisse “castrato” da un rapporto orale un po
dentato.
Il vissuto del dolore conseguente alla perdita dell’oggetto amato, il terrore e
l’angoscia della separazione; la necessità dell’esame di realtà che porti alla consapevolezza del non essere onnipotenti ci appartiene. Del resto è vero che ci appartiene anche il desiderio
contrario. Poter essere onnipotenti, decidere tutto di noi, compreso la nostra morte o vita.
In alcuni locali degli Stati Uniti, quali il Gauntlet o il Bondage si pratica un
particola re tipo di sport: blood SPORT.
Sulla scia di “intervista col vampiro, gli o meglio le aderenti al club si succhiano
vicendevolmente il sangue, altri assistono con magliette sporcate dal sangue proprio o di altri.
Una moda estrema è quella del farsi assottigliare. Limandoli i denti, fino ad esaltare
i soli canini.
Moderni Van Helsing, nascono associazioni di ascolto e trattamento del disagio con
siti su Internet quali SAFE (Self Abuse Finally End) o SIV SELF INFLICTED VIOLENCE.
Anthony Hopkins nel Dracula di Coppola è del resto sia il Prete sia condanna
l’eccessivo amore della suicida, consegnandola all’inferno, sia il Van Helsing persecutore.
Una riflessione credo sul ruolo della scienza quando si trova alle prese con la morale
sia d’obbligo. Avremo altre occasioni su queste pagine.
Si sostiene da alcune parti
che una epidemia di rabbia scoppiata nel 1720 nell’Europa orientale, sia alla base della nascita del mito
del vampiro.
IL neurologo J. Gomez Alonzo trova straordinarie le similitudini tra la sintomatologia
rabbica e la iconografia del vampiro.
La ricerca è affascinante, ma credo che vada integrata alla comprensione della paura
di sempre dell’uomo delle sue pulsioni inconsce, che trovano ampi tratti di similitudine anche con quella sintomatologia.
Il represso sessualmente teme la luce
sui suoi desideri e li vive nella notte della ragione, il la sessualità negata si rifugia nei sogni e vive la notte come il vampiro essa penetra nei nostri letti e ci possiede.
Ci si chiede se dopo un po, senza Van Helsing, in un mondo di soli vampiri dove
sarebbe stato trovato il sangue?
Ma il gioco è questo, lo stesso, tra Totem e Tabù, tra lecito e illecito, tra nero e
bianco.
Certo Edipo ed il resto non sarebbe stato se Laio non avesse interrogato il fato, il
Vampiro non sarebbe stato se il prete ortodosso non avesse condannato Elisabeta.
Il ruolo della conservazione, e della reiterazione dei modelli culturali, è certo
quello dell’incantesimo nell’aspetto meno favolistica del termine.
Dura la consapevolezza, durissimo il percorso per l’individualizzazione, certo ma
credo sia altrettanto disfunzionale vivere in una bara buia, cercando il solo vivere nel limite, o in una casa piena di croci e d’aglio per sfuggire alla notte.
“Per favore non mordermi sul collo “. Può darsi ma non solo.
Dott. Danilo Moncada Zarbo
Psicanalista
pubblicato sulla rivista di cinema ilcinemante roma 2000
Diritti riservati Cinemante s.r.l.