Qualche decennio fa, a me sembra ieri, Freud ed Einstein e Levy Strauss e Monod e Sofocle ed Ovidio e molti altri un giorno irruppero nella vita di alcuni studenti di un Liceo palermitano.
Arrivarono tutti con la forza di una donna che era immensa, era Demetra e Core, era madre e figlia, Era Ecuba ed era Lilith, era una melodia che tutto attraversava leggera come un
uragano.
Ed era anche in grado di tradurre tutto dal Provenzale al greco antico, dal francese al latino, dal siciliano all inglese e sembrava tutto possibile e facile. Possibile lo era, facile no. Prevedeva l
aprirsi, il mettersi in discussione, non barricarsi dietro il preconcetto.
E cosi fummo attraversati dalla tempesta, e ci sembro una brezza.
Attendevamo e non lo sapevamo, ma desideravamo come Agostino nella citta di Dio, di essere liberati dalla coercizione dello stereotipo e dal pregiudizio, attendevamo la Bellezza di cui non
sapevamo il nome.
E la Bellezza arrivò, pienissima e forte esattamente come arriva in queste pagine che seguono di Gina Dangelo Matassa.
Le sue Lezioni furono riflessioni, interpretazioni, modelli ma soprattutto l’amore enorme per quello che faceva, amava insegnare anche se non amava la scuola.
Questo amore stava dappertutto, passava saltando da un Orazio a Borges, da Shakespeare a Voltaire, da Foscolo, Dante e fu una gioia.
L’amore era per la Verita’ di questa donna ha riempito di poesia e curiosità le menti di noi adolescenti di allora. E piu ci riempiva piu seminava il dubbio, la critica, la continua ricerca e nessuna
verita da allora avrebbe potuto bastarci. Se non una la Poesia, sintetica e sincretica. Infatti adesso anche il termine adolescente mi inquieta, e’ falso e distratto, descrive solo una
condizione imposta dai padri ad una generazione che in alcune parti del mondo lavora, genera e fa le guerre ed in altre deve durare fino ai trentanni.
Le sue lezioni, come in questo libro, aprivano porte e cacciavano via i fantasmi, via la polvere. Le incrostazioni della certezza aprivano i saloni alla ricerca ed alla curiosità, e apparivano parole
antiche e nuovissime: Odi profanum Vulgus et Arceo, favete LInguis carmina non prius audita Sarcedos Musarum virginibus puerisque canto.
Devo a questa donna gli strumenti, il privilegio della relazione ha prodotto una costruzione, una assunzione ed un tuffo nel godimento di Dio. E questo Dio non aveva piu colori, regioni, linguaggi.
Era un Nome, era un roveto che ardeva soltanto dove veniva cercato e riconosciuto.
Il metodo di questa insegnante era l’insieme dei suoi studi classici con in piu una fede non cieca nella natura. Ci fornì ad inizio anno scolastico un insieme di libri erano: L’Io e L’Es di
Freud, Il caso e la necessita di Monod, Segno di Umberto eco, Tristi tropici di Levy Strauss, e qualche altro. E ci disse che per capire le lingue tutto serviva tranne che un vocabolario. Lo
strutturalismo ci avrebbe insegnato a seppellire rosa rosae rosarum e forse anche altro.
Per noi fu l inizio.
Dice Lacan che esistono persone che per competenza ed intuito superano gli specialisti, non so, ma ogni volta che mi confronto con questa affermazione so che devo il mio amore per la psicanalisi ad
una non psicanalista.
Ma la psicanalisi,da ragazzo era un tempio lontano, difficile e complesso; non sapevo e forse non volevo. Mi sembrava da grandi o ancora piu grandi.
Invece Gina Dangelo, la psicanalisi la rendeva viva e partecipe. Era una diretta conseguenza del mito, una sua traduzione, impossibile immaginarne l assenza. Tutto era una catena perfetta.
Lei ci parlava di Edipo e di Giocasta, ma davvero Giocasta non sapeva?
E Lei ci diceva di Laio, il padre sbagliato, quello non empatico.
Ancora oggi parla……” del diritto dovere dei figli di giudicare, se non condananre, i padri… Al fine di esaltarne i meriti ed evitarne gli errori”.
Ed anni dopo studiando il mio maestro H. Kohut pensavo ecco anche qui aveva ragione Gina Dangelo Matassa.
Adesso come allora queste pagine ci dicono che il Perdono verso chi sbaglia serve a poco. Laio, origine e male di Edipo, è un padre cattivo perche era prima un cattivo uomo.
Laio il violento, Laio che tradì Pelope, Laio lo stupratore di Crisippo e di Giocasta, l uomo che sacrifica al proprio interesse gli affetti, uomo di potere che non riconosce altro
piacere se non il soppruso e la violenza. Laio che violenta Giocasta e sacrifica Edipo, Laio l uomo di morte.
Anni dopo Kohut spiega che alla base dei processi che chiamiamo complesso di Edipo esiste una difficoltà nel processo di identificazione positivo con il Genitore, il Padre, colui che da il Nome . Il
genitore Laio, non empatico, genera una difficoltà nel figlio che non trova piu i nomi ed i confini.
L arte del perdono è grande e spesso inutile se non parte dalla comprensione.
Nel vedere Giocasta impiccata ed Edipo Cieco, e tutta la sua progenie maledetta, chi puo essere interessato al perdono di Laio?
Questo libro è un gioco di cultura e di culture, è il frutto di una ricerca lunga secoli ed incarnata provvisoriamente in una mente libera.
Non è politica, non è religione, non è mai nulla; è invece il tutto della libertà dalle catene, Sono invece gli allori sfrondati di Foscolo quelli che giocano tra queste pagine.
Perché questa donna che mi ha innamorato del mio lavoro, non ama la psicanalisi? Perché non ama la rigidità mi rispondo. Ed effettivamente il metodo psicanalitico fu rigido per la mancata
elaborazione del lutto da parte dei primi analisti neoamericani, loro che avendo perduto la terra madre, la lingua madre ed il padre, loro che fuggiti dalle persecuzioni e dagli orrori del nazismo,
loro non ebbero il tempo di elaborare il lutto.
Dovevano mangiare e dare da mangiare, non avevano il tempo di elaborare il lutto, e misero su un metodo perfetto ma figlio della rimozione.
E qui l autrice cita De Vigny …..“ uno schiavo ha bisogno di un mantello, non di un libro. Leggere è fatale” che solo nella complessa rilettura “ Cu va a ligna a mala banna ncuoddu si li porta”
…. Davvero la rigidità è opera di una rimozione, il Codice o i Codici. E sono pochi i Padri in grado di riconoscere la Libertà dei figli, di farli crescere nel rispetto della differenza, della
attitudine, della propria identità.
L’Arte ha certamente una funzione sostitutiva e compensativa, ma se davvero Universale assume anche una identità nuova, propria. E’ il Mosè di Michelangelo talmente perfetto da turbare il Padre che
non lo riconosce. E’ il Poeta intimidito davanti alla perfezione del suo Canto. A volte è un Dio che dinanzi alla perfezione ne accetta l autonomia e puo quindi riposare.
Roma 6 settembre 2014
Danilo moncada zarbo