Vampiro e Vampirismi.
“Esiste un momento della giornata in cui il crepuscolo, limita la definizione di notte e di giorno; è là che inizia il dolore, il terrore, tutto può accadermi, è come una fortissima pressione sul
cuore. Il sangue mi scorre velocissimo, il corpo si riempie d’adrenalina, è some se potessi scoppiare”.
Una mia paziente così raccontava, anni fa, di questo forte dolore che nessun esame clinico obiettivo rilevava, il peso sul petto e la sensazione del dover morire che nessun elettrocardiogramma
verificava, una sofferenza “vera e reale” ma che nessun macchinario riusciva a certificare.
“Il sangue è vita “ recita Dracula.
Un detto della cultura regionale del Sud dice a proposito di chi provi una passione travolgente verso un altro “mi fai sangue” sento il sangue ribollirmi”, etc le varie metafore sul sangue. E’ un
modo, tradotto dalle culture e dalle lingue che associa al sangue il concetto di desiderio e di passione, ma certo anche ultimamente il suo opposto.
Per anni, prima della diffusione della consapevolezza delle trasmissioni virali, il sangue ha rappresentato l’affermazione della vita, della passionalità.
Ancora una volta ci troviamo a contatto con la necessità che il corpo
Racconti, che parli, che narri di storie di passioni travolgenti, suadenti, deludenti, struggenti.
Del resto è come se qualcosa oltrepassasse la soglia dell’epidermide per raggiungere l’altro, un messaggio segreto che arriva.
In un articolo apparso su “il cinemante” cartaceo a firma G. Mori, l’autore parla di un equilibrio impossibile tra caos ed ordine, associando in questa dicotomia istinti sessuali e valori
familiari.
Sempre Mori introduce il riferimento al codice Hays e la sua famosa X (soltanto per adulti) in altre parole la censura, il limite.
Al limitare, che sia quello del giorno e della notte, che sia quello dell’inconscio e del conscio, della ragione o dell’irrazionalità, del maschio e della femmina, del bianco e del nero, di Hyde e
Jekill, al limitare esiste sempre una zona intermedia, un crepuscolo dove tutto è possibile.
Questo tutto evoca certo gli spettri.
Primo tra gli spettri, il più temuto e visitato è quello del “lasciarsi andare alla passione”.
Il tramonto dei romantici, è anche contemporaneamente l’attesa penombra degli amanti, il nascondersi nell’ombra e rubare immagini di sesso agli appartati dei voyeurs, e il rincorrersi tra le penombre
di chi sfugge ad un’inquisizione poliziesca tra le fratte.
Il limitare è il luogo psicologico da trasgredire e da temere. La barriera oltre la quale tutto è possibile, certo anche perdersi.
Oltre il negare la sessualità del marito insoddisfatto dalla routine del rapporto matrimoniale e familiare, oltre il negarsi altri ruoli possibili oltre quelli di lavoratore, padre e marito, la oltre
c’è il limite di ciò che credo possa contenere la mia insoddisfazione il mio desiderio di trasgredire.
Trasgressione, del chi osa avventurarsi in questa notte fonda, chi osa viaggiare per le terre desolate senza gli opportuni incantesimi?
“i vostri incantesimi” recita Dracula, i nostri meccanismi di difesa diremmo col linguaggio psicologico che impediscono al conservatorissimo e reazionario mondo del “come è” di insinuare il dubbio
del “come voglio che sia”, del come sarà.
Parliamo dunque del disagio di chi in cerca di Sé incontri il confine tra ciò che fino ad oggi ho considerato lecito, e il finora illecito, il non consentito.
Parlo di quei pazienti angosciati dalla propria identità sessuale afflitta dal ruolo e dalle aspettative. Dei mariti e delle mogli insoddisfatte che attendono al crepuscolo con angoscia il
desiderio.
Parlo delle donne e degli uomini, che ancora nel 2000 nonostante da 20 anni l’Organizzazione Mondiale della Sanità non consideri più la sessualità omosessuale come patologia, vivono la sessualità
come un dolore e di un peccato.
Vittime di un totalitarismo moralistico privo di fondamento scientifico essi vivono ancora il desiderio e il sesso come l’oscuro diavolo, il demone, il vampiro.
La tradizione filmica del vampiro inizia già nel 1896 con “ Le Manoir du Diable” di Melies, nel 1897 un signore Irlandese, Bram Stoker, scrive Dracula, ma già dal 1886 un signore fino ad allora poco
conosciuto agitava l’ipotesi che il dominio della coscienza fosse un po’ più ristretto.
Si ventilava l’ipotesi che le “tenebre” dell’inconscio, agissero in modo subdolo e “notturno” sul comportamento degli esseri umani.
Si iniziava ad osare riferire, in un’Europa bacchettona e vittoriana, che le passioni inconfessabili, fossero un modello propulsivo della dinamica psichica, le Pulsioni.
Quando Freud inizia il lavoro sulle dinamiche tra Io Es e superIO, il romanticismo della rappresentazione di Eros in versione neoclassica lasciava già il posto al timore che non tutto fosse bianco,
ma anche nero.
Gli inferi non sono più un luogo “altro” ma una porzione dell’uomo, una struttura nella quale calarsi e confrontarsi.
L’uomo si interroga su se stesso, generando inquietudini alle quali la psicanalisi sembra dare alcune risposte.
Eros e Thanatos, Amore e morte, le nozze di Psiche sono un lungo funerale, sono un luogo di incontro, di relazione e separazione, di piacere e di rinuncia, di passione e lutto.
La mia riflessione tornando alla dicotomia espressa da Gian Marco Mori su sesso/valori familiari, ora può prendere forma: la frustrazione della sessualità, il mancato soddisfacimento lipidico, la
rinuncia al sé, la rinuncia al corpo come luogo della scoperta, la rinuncia alla intimità del desiderio, tutto questo ed altro che tipo di valore familiare perpetua e struttura.
Un sogno di un uomo di 23 anni, cultura medio alta, studente universitario.
“ Sono in una torre, è la casa dove è nata mia madre, In riva al mare, è il crepuscolo, io capisco che tra un po’ non sarà possibile distinguere il giorno dalla notte, ho capito, mia madre è in
pericolo ed io stesso.
Corro lungo i camminamenti della torre, lungo le stanze di tufo, disadorne, non c’è nulla, né mobili, né altro.
Io corro devo arrivare nella cappella, dove il crocifisso e Dio mi difenderanno dal Vampiro, che so che mi insegue. Mi cerca, mi bracca, io lo avverto, mi sente.
Mamma, mamma, corri, scappa in chiesa. Urlo, sono sulla soglia della cappella. E’ enorme, gotica, con i tetti a ogiva, tutta di tufo, sono salvo.. e vedo in quel momento mia madre, bianca, bellissima
e triste, stesa sull’altare di pietra con il sangue che si versa dal suo collo alla bocca del Vampiro. Il vampiro mi guarda e ride. Io urlo di orrore, e mi sveglio”
E’ un sogno che ha a lungo turbato il paziente, nel parlarne l’emozione era sempre fortissima, la paura, l’orrore.
Non è mio interesse entrare in quel lavoro terapeutico, né offrirne un’interpretazione, mi sembra interessante però notare come l’angoscia e la paura siano ancora oggi ben rappresentate da simbolismi
quali il vampiro e suoi derivati.
Una simbolica indubbiamente a forte connotazione sessuale, ma con i tratti dell’angoscia che lasciano spazio ad una riflessione sull’irrisolto, su frustrazioni narcisistiche, sulla rinuncia e la
competizione.
Certo non solo.
Un’altra paziente mi dice piangendo “Internet mi succhia i pensieri, viene al crepuscolo, e quando io sono sola e indifesa entra nella mia mente, succhia via me stessa e lascia solo i suoi pensieri
sudici e perversi”.
Altro caso certo, di patologia psicologica più grave, è una grave forma di psicosi, ma anche in questo caso “un essere capace di esistere a prescindere dal corpo penetra in me” portando via il
controllo della coscienza e lasciando spazio all’inconscio e ai suoi fantasmi.
E’ una fantasia di essere incorporata da un essere potente e grandissimo, che possa come Dracula nei suoi film, attraverso il morso partecipare i suoi poteri straordinari.
Assimilare le qualità altrui attraverso un’incorporazione passiva, l’essere mangiato.
Parliamo di strutture di personalità che non hanno raggiunto una completa individualità, attraverso il lungo e periglioso cammino della integrazione di Sé, e che per esistere necessitano di far parte
di un’unione più grande.
Del resto è un fenomeno socialmente e sociologicamente usatissimo. Psicologicamente anche.
In modo straordinario i fantasmi sono sempre gli stessi, tutto inizia con un’angoscia di separazione, la perdita dell’oggetto libidico prescelto è la causa della sconfitta, il dolore.
Unico amore dello sterminatore Dracula è Elisabeta, da cui il conte non riesce a separarsi, non rinuncia poiché nella sua vita non ha amato altro.
Bello, certo, romantico vero, ma poco pratico se pensiamo che le prime relazioni oggettuali e necessarie separazioni non sono tra adulti innamorati, non sono tra amanti appassionati, bensì tra un
bambino e il proprio genitore di riferimento.
Se il bambino non potrà crescere e differenziarsi, egli succhierà energie a se stesso ed agli altri nel tentativo di resuscitare un oggetto d’amore totalmente appagante ormai morto e sepolto e
mummificato.
Il sesso, è uno dei modi, per raggiungere nuovi oggetti d’amore. A volte questi oggetti riescono a diventare soggetti, cioè privati degli aspetti proiettivi gli altri entrano a pieno titolo con il
loro carico di diversità nella relazione.
Il sesso e la sua gestione sono anche vissuti come elementi del peccare, del disagio, della condanna morale interiore espressa attraverso la rappresentazione di un tribunale esterno.
La proiezione diremmo sull’esterno di una dinamica punitiva di matrice meravigliosamente interiore.
Ecco la sofferenza, ecco il dolore.
L’omosessualità non è certo patologia, come non lo è del resto l’eterosessualità, né gli altri orientamenti in materia di desiderio sessuale. Certo però che i luoghi dell’eros continuano ad essere i
luoghi dell’altrui ludibrio e derisione, ed anche spesso della emarginazione e persecuzione.
Accettarne il peso si può, liberare le coscienze dalle sovrastrutture della condanna e coercizione si deve, credo sia uno dei lavori della psicoterapia, uno certo tra i tanti.
Il paziente del sogno della torre, sembra non avere elaborato la separazione dalla madre, la conseguente accettazione del padre come compagno della donna, non rinunciando alla lotta per il possesso
dell’oggetto preferenziale d’amore, in realtà non ho il tempo per nuovi investimenti libidici, per nuovi amori che mi offrano un’immagine nuova di me, evito dunque un’autonomia e indipendenza.
La canzone che accompagnava la sua malinconia era “quel che si dice” la storia di un uomo che rinuncia a se ed alla sua vita “perché mammà riposi un po’, ci penso io visto che so….”
La signora di Internet, rinuncia a quell’atto di forza che aveva spezzato la simbiosi con la famiglia, e si ricongiunge ad essa rinunciando al proprio mondo erotico e dunque punendosi.
Il vampiro Internet, è la causa di quella inquietudine che la porta alla masturbazione e alle fantasie sessuali; esse sono però da rifiutare, da esorcizzare in questo modo la signora potrà
simbolicamente ricongiungersi con il mondo familiare rifiutato e fuggito a 30 anni.
Il vampiro dunque si nutre di più tipi di sangue:
Il ceppo tribale delle BEBARLANGS delle Filippine, ad esempio pratica una sorta di vampirismo psichico. Di notte essi vanno, attraverso il corrispondente del nostro corpo astrale, in cerca di vita.
Trovata la vittima essi ne succhiano via l’intera forza vitale.
Il vampiro di “Intervista col vampiro” è quasi yuppie degli anni 80 deve essere sempre giovane, bellissimo e potente “Lestat” cinico, ma consapevole della sua natura che è l’unica che possa dargli
pace.
Si nutre di sangue umano, ma può nutrirsi anche del topo.
Il vampiro di Coppola, è certo l’esaltazione della passione. Molti pazienti che hanno visto il film, si sono identificati col conte passionario e innamorato, con Elisabeta romantica e
decisionista.
Interessante notare come nessuno sia interessato ad essere il tradito, sciatto, malvestito “sfigato” agente immobiliare, che pure indulge a un gioco erotico volontariamente.
Egli è colui che per far carriera non segue l’istinto e l’emozione, e colui che per dovere accetta l’indicibile, salvo poi concedersi alla lussuria nella scena di sesso con le vampire, in cui
chiaramente era necessario venisse “castrato” da un rapporto orale un po dentato.
Il vissuto del dolore conseguente alla perdita dell’oggetto amato, il terrore e l’angoscia della separazione; la necessità dell’esame di realtà che porti alla consapevolezza del non essere
onnipotenti ci appartiene. Del resto è vero che ci appartiene anche il desiderio contrario. Poter essere onnipotenti, decidere tutto di noi, compreso la nostra morte o vita.
In alcuni locali degli Stati Uniti, quali il Gauntlet o il Bondage si pratica un particola re tipo di sport: blood SPORT.
Sulla scia di “intervista col vampiro, gli o meglio le aderenti al club si succhiano vicendevolmente il sangue, altri assistono con magliette sporcate dal sangue proprio o di altri.
Una moda estrema è quella del farsi assottigliare. Limandoli i denti, fino ad esaltare i soli canini.
Moderni Van Helsing, nascono associazioni di ascolto e trattamento del disagio con siti su Internet quali SAFE (Self Abuse Finally End) o SIV SELF INFLICTED VIOLENCE.
Anthony Hopkins nel Dracula di Coppola è del resto sia il Prete sia condanna l’eccessivo amore della suicida, consegnandola all’inferno, sia il Van Helsing persecutore.
Una riflessione credo sul ruolo della scienza quando si trova alle prese con la morale sia d’obbligo. Avremo altre occasioni su queste pagine.
Si sostiene da alcune parti che una epidemia di rabbia scoppiata nel 1720 nell’Europa orientale, sia alla base della nascita del mito del vampiro.
IL neurologo J. Gomez Alonzo trova straordinarie le similitudini tra la sintomatologia rabbica e la iconografia del vampiro.
La ricerca è affascinante, ma credo che vada integrata alla comprensione della paura di sempre dell’uomo delle sue pulsioni inconsce, che trovano ampi tratti di similitudine anche con quella
sintomatologia.
Il represso sessualmente teme la luce sui suoi desideri e li vive nella notte della ragione, il la sessualità negata si rifugia nei sogni e vive la notte come il vampiro essa penetra nei nostri
letti e ci possiede.
Ci si chiede se dopo un po, senza Van Helsing, in un mondo di soli vampiri dove sarebbe stato trovato il sangue?
Ma il gioco è questo, lo stesso, tra Totem e Tabù, tra lecito e illecito, tra nero e bianco.
Certo Edipo ed il resto non sarebbe stato se Laio non avesse interrogato il fato, il Vampiro non sarebbe stato se il prete ortodosso non avesse condannato Elisabeta.
Il ruolo della conservazione, e della reiterazione dei modelli culturali, è certo quello dell’incantesimo nell’aspetto meno favolistica del termine.
Dura la consapevolezza, durissimo il percorso per l’individualizzazione, certo ma credo sia altrettanto disfunzionale vivere in una bara buia, cercando il solo vivere nel limite, o in una casa piena
di croci e d’aglio per sfuggire alla notte.
“Per favore non mordermi sul collo “. Può darsi ma non solo.
Dott. Danilo Moncada Zarbo
Psicanalista
pubblicato sulla rivista di cinema ilcinemante
pubblicato sul quotidiano di-Roma