STUDIO CLINICO DI PSICOTERAPIA E SESSUOLOGIA
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Studio Clinico di Psicoterapia Analitica e Sessuologia telefono n° 0686294663 iscrizione Albo Professionale n°4869 abilitato alla Psicoterapia codice Ateco 86.90.30
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Genitorialità, Maternità, Maternità per altri e Gestazione, un modello di riflessione a partire dal cinema. Malefica, il Film.

 
 
 
 

Malefica

o della malinconia e della maternità risvegliata

 

articolo del Dottor Danilo Moncada Zarbo, Psicanalista

Supplemento cartaceo Di Roma Magazine (dicembre 2013, anno 2, numero 2, pagine 20-23) della testata giornalistica online Di-Roma.com

 

Malefica è la storia di una donna che supera la malinconia dovuta al tradimento e ritrova se stessa.

Le storie e la storia del tradimento da parte dell’amato sono lunghe quanto lunga può essere la storia dell’amare stesso.

Donne e uomini si struggono nella terribile malinconia che è in sé un lutto. Ma quale esattamente sia l’oggetto perduto è chiaro solo dopo un lungo lavoro con se stessi. Questo lavoro poco perdona e nulla deve evitare.

Nel film Malefica incontriamo una ragazza che si innamora di un tipo talmente insulso che con difficoltà ne ricordiamo il nome: Stefano.

Stefano, la cui vita è povera, circuisce una ragazza iper responsabilizzata ed adultizzata. Lui cerca riconoscimento, lei cerca condivisione. Stefano vende Malefica al Re per avere il riconoscimento e Malefica fa autoanalisi. Elabora il lutto mentre Stefano si sposa, diventa più rigido di quanto già fosse, sposa un fantasma e ci fa una figlia che non sa gestire. Non la sa gestire perché non è empatico.

Come tanti amori che struggono e distruggono, il suo ruolo è quello di mostrare quanto sia sbagliata la relazione simbiotica.

Malefica ha una enorme responsabilità, mantenere l’equilibrio nella Brughiera, un luogo in cui natura e cultura si rispettano reciprocamente con un senso del confine molto chiaro: di qui c’è armonia, di lì la volontà di squilibrare.

Malefica caricata dalla responsabilità cerca un padre a cui affidarsi, si chiama innamoramento e affida se stessa a Stefano. Tale affidamento è costoso.

Stefano ha un bisogno di rivalsa sociale, novello Atteone, necessita di un padre potente che lo riconosca e gli riconfermi il possesso del fallo, il suo diritto di succedergli nel possesso. Il suo bisogno di autoaffermazione, prevarica i sentimenti.

Stefano è Laio padre di Edipo che antepone sé al proprio dovere di genitore, è Laio che violenta Giocasta. Insomma, a discapito dell’aspetto buono e angelico, è incapace di stare in una relazione generosa e attenta.

Quante donne, che furono bambine con padri distratti ed egoisti, si ritrovano con compagni o mariti distratti ed egoisti.

Quante donne alla ricerca di compensazione, accettano il taglio delle ali e del clitoride e la malinconia eterna. Come una condanna.

Malefica, sembra all’inizio la bella addormentata; esattamente la donna che si addormenta nelle braccia di un sogno e si risveglia tra le ganasce di un incubo.

Il processo di guarigione (per me la psicoterapia) avviene con un lungo isolamento. Le donne tradite, perché si affidano incautamente replicando un vecchio modello, si fermano.

Donne trascurate, imbruttite, incapaci di volare. Il mondo delle donne tradite è quello di Medea che uccide i suoi figli per vendetta, è quello dei lunghi silenzi a pensare e struggersi e buttarsi via.

Cosa è accaduto?

È accaduto che quel sentimento chiamato amore è stato investito all’esterno. L’innamoramento ha molto della nevrosi, perché porta ad immaginare la realtà cosi come ci serve e non come cosi è.

Ciò che mi innamora è la mia capacita di provare amore, di aprirmi, di affidarmi e di condividere, di progettare e di godere.

L’altro, l’amato, spesso non esiste. È un costrutto, infatti si deteriora, se ne va, cambia. Il processo di elaborazione delle separazioni e della perdita è un lutto. Come ogni lutto si elabora ritrovando la consapevolezza di quanto appena detto. Non amo solo perché esisti, amo perché Io esisto e me lo consento (e aggiungerei)... se proprio devo.

Malefica, perde le ali, si dispera è addolorata, poi si risveglia. Decide che l’uomo è poco affidabile e se proprio deve averne uno tanto vale prendersi un uccello.

Invece che cercare un uomo con l’uccello e farsi tagliare le ali, prende un uccello e lo trasforma in un uomo. Questa coppia, consapevole del ruolo, è l’unica che resiste in tutto il film.

Ma Malefica così diventa Lilith?

La donna che trasforma il rapporto con il maschio e si assicura la solidità del proprio autosostegno e del proprio bastarsi, la donna in grado di riconoscere cosa le serve è destinata agli incubi e succubi raccontati nel mito di Lilith?

È necessariamente la luna nera che non sarà mai madre?

Deve compiere un percorso.

Ritrovarsi, autosostenersi, prendersi il potere, superare gli stereotipi e poi arrabbiarsi.

Cosi va alla Reggia, incontra e rivede l’oggetto un tempo amato simbioticamente e lancia una maledizione: Io che fui bella ed addormentata adesso ti dico che se non proteggerai l’oggetto del tuo amore avrai allo scadere del tempo X un’altra bella addormentata per casa… Cosi vediamo se sai fare esperienza del passato e magari se sei migliorato.

E siccome gli uomini non cambiano, a meno che non si analizzino in modo critico, accade il prevedibile.

Stefano pessimo fidanzato, è un marito peggiore e un padre non empatico.

Davanti alla consapevolezza e forza della donna, il maschio crolla e utilizza i mezzi che la cultura maschilista gli regala. Delega altre donne di proteggere la figlia perché lui deve fare la guerra. Delega la propria madre o chi ne faccia le veci.

Ed ecco le nonne/madri/suocere intrusive, madri dei padri senza confini, ecco le famiglie alienanti che con la loro melensa bontà sono incapaci di badare ad Aurora. Nessuno ha cura delle vere madri in questa lotta tra il maschio e le sue fate alleate.

Cosa ne pensa la madre di Aurora di questa delega? Nulla perché lei che ha avuto un padre violento, ha scelto un marito violento, lei figlia di Laio ne ha sposato un altro, acriticamente. Infatti morirà nella sua malinconia e, direi, nella sua noia. Non sappiamo nulla di lei, certamente sappiamo che non ha scelto un uccello ma un costruttore di armi e di fossati. Lei non potrà volare.

Ecco le fatine dolci che non sanno come si nutre, come si accudisce, come si protegge.

Padre incapace che ha come unico scopo ribadire che il suo fallo potente non ha e non può avere confini, Stefano in questo è davvero l’erede del Re suocero. Occupato dal dimostrare quanto sia maschio invincibile, ha perduto di vista la relazione, l’affetto, la vita reale. Il suo regno in subbuglio, i suoi sudditi estenuati dai suoi meccanismi di difesa.

Il nemico di Stefano è interno, è la sua incapacità di uscire da uno schema difensivo, la sua incapacità di lasciarsi andare ad un sentimento. Questo nemico interno non è visto. Più facile trovarlo all’esterno.

Chi si Occupa di Aurora?

Malefica, non è più Lilith. La sua Genitorialità ha superato il vecchio concetto di maternità, questa donna ha superato il problema dell’ovulo che può amare un solo spermatozoo per la vita.

Malefica adotta senza riconoscerselo Aurora, la cura e protegge, compensa l’incompetenza delle fatine dolci e inutili.

Per tale motivo Aurora la vede e si identifica con lei. Il processo di identificazione positivo è avvenuto, perché Malefica (che sembra e vuole essere cattiva) in realtà è attenta, premurosa ed empatica.

L’uomo/uccello il fallo impersonale, infatti la riconosce. Diventa egli stesso diverso, non è più un supporto, un vibratore, è colui che, non in competizione con la donna, ne riconosce l’aspetto accogliente, materno.

Oggi la chiameremmo famiglia affidataria? Genitorialità condivisa?

O le altre forme di donazione d’amore come le adozioni o anche e perché no le gestazioni di sostegno o maternità surrogata?

L’unica coppia stabile del film è quella più felice: Malefica e il suo Uomo Uccello, il loro orgasmo è garantito perché non è vittima di aspettative o manipolazioni. Ognuno sa quale è il suo ruolo.

Una mia paziente mi disse: meglio sapere di avere a che fare con un pene che poi forse diventa un uomo, che non con un uomo che poi scopri essere un pene. Potenza della consapevolezza è non generare aspettative.

Il film che non è un capolavoro, lo suggerisco alle mie pazienti.

Alle donne mutilate dai fantasmi e dagli aguzzini, a coloro che superano il terrore della introspezione per paura di rimanere indifesi di fronte alle proprie fabbriche di fantasmi e di aguzzini.

Suggerisco il film alle donne Ferite che lottano per la consapevolezza, a coloro che non perdonano (che non serve) e che non reiterano.

Alle donne violentate, picchiate, prese in ostaggio. Lo suggerisco perché ritrovino il proprio autosostegno e non deleghino ad altri la propria vita.

 

danilo moncada zarbo di monforte

Psicanalista Psicoterapeuta 0648913260 Roma (Italia) e Barcelona(ES)

 

 

 

 

 

 

 

Il modo che in cui i genitori trattano i propri figli è spesso il risultato di come essi stessi o solo uno di loro furono trattati da bambini.
Modelli familiari sempre così difficili da elaborare perché richiedono un doloroso atto di accusa verso chi amiamo e dichiararne spesso il fallimento. 
La violenza verbale e fisica vissuta in famiglia spesso diventa nei bambini un modello di comportamento aggressivo. L’esperienza descritta in questa vignetta ha un terribile elemento in più. Per ogni giocattolo che il bambino prenderà a
martellate distruggendolo ci sarà sempre un oggetto affettivo interno che andrà in pezzi. Un padre o una madre che perdono il controllo saranno martellate alla struttura della personalità del bambino, ogni oggetto rotto con rabbia fuori corrisponde ad un pezzo del mondo interno del bambino che va in frantumi. 
La perdita delle illusioni infantili, per la incapacità dei genitori alle prese con una catena di rabbia e frustrazione, ha un peso della strutturazione del futuro adulto. Il padre o la madre, le madri o i padri sono coloro che forniscono il nome e il denominatore della realtà. Esseri superiori cui affidarsi perché certi e sicuri, la perdita di questa fiducia è generatore esso stesso di vuoto e autosfiducia. 
Personalmente se osservo una di queste catene intervengo sempre, non lasciamo i bambini soli.

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